Palestinian attacked and seriosuly injuried by Israeli settler
On 25 March at about 7.00 am, a Palestinian man from At-Tuwani village has been attacked by an Israeli settler from Havat Ma’on Israeli illegal outpost while he was harvesting in Kharrouba valley. The man escaping broke his leg and the settler attacked him throwing stones while he wasn’t able to move.
When the people from At-tuwani and the Internationals volunteers arrived on the spot they found the man laying down and they called the ambulance.
After some minutes some settlers came out from the outpost taking pictures and calling the Israeli army, the soldiers arrived on the place they spoke with settlers and they tried to prevent the people to help the man.
When the ambulance arrived the Israeli police and DCO joined the place and patrol the area.
Israeli forces are still on the spot.
The Palestinian man is now at the hospital.
Palestinese attaccato e gravemente feriti da un colono israeliano
Alle 7.00 del mattino del 25 marzo, un uomo palestinese del villaggio di At-Tuwani mentre stava raccogliendo nei campi della Valle di Kharrouba è stato attaccato da un colono israeliano proveniente dall’avamposto illegale di Havat Ma’on. Fuggendo, l’uomo si è rotto una gamba e una volta a terra il colono lo ha attaccato lanciando dei sassi.
Quando le persone di At-Tuwani e i volontari sono arrivati sul luogo hanno trovato l’uomo sdraiato e hanno subito chiamato l’ambulanza.
Dopo poco alcuni coloni sono usciti dall’avamposto e hanno iniziato a fotografare le persone e hanno chiamato l’esercito. Quando i soldati sono arrivati hanno subito parlato con i coloni e hanno poi tentato di impedire alle persone di avvicinarsi e aiutare l’uomo.
All’arrivo dell’ambulanza, l’amministrazione civile israeliana e la polizia sono giunte sul luogo e hanno perlustrato l’area.
Le forze israeliane sono tutt’ora nella zona.
Al momento l’uomo palestinese si trova in ospedale.
Report: February 2018 – Human Rights Violations and Popular Struggle in South Hebron Hills
A new report and interactive map on “Human Rights violations and Popular Struggle in South Hebron Hills” covering the period February 2018 have been released.
Armed Israeli settlers from invaded the Palestinian village of At-Tuwani
On March 10 at 11.00 am, more than 30 armed settlers from the illegal Israeli outpost of Havat Ma’on invaded the Palestinian village of At-Tuwani.
More than 20 Israeli soldiers, police and border police arrived in the village, but did nothing to remove the settlers, who remained in the village for more than two hours.
The residents of At Tuwani, including the women and children and accompanied by international and Israeli activists, confronted the settlers and prevented them from entering homes in the village.
The Israeli settlers threw stones and threatened Palestinians with guns. In response the soldiers used teargas and sound grenades to move the Palestinians and activists out of the area, and then declared a large area of Palestinian land, including agricultural areas and olive groves, a closed military zone.
Army and Border police continued to occupy the village throughout the day.
Coloni armati fanno irruzione nel villaggio palestinese di At-Tuwani
Il 10 Marzo all ore 11.00 del mattino, un gruppo di 30 coloni armati proveniente dall’avamposto israeliano illegale di Havat Ma’on ha fatto irruzione nel villaggio palestinese di At-Tuwani.
Un numero consistente (più di 20) di soldati e poliziotti israeliani si sono presentati sul posto, il loro intervento però si è rivolto unilateralmente a favore dei coloni israeliani i quali sono rimasti all’interno del villaggio per ore.
In risposta a tale atto violento i palestinesi del villaggio supportati da attivisti israeliani e internazionali hanno cercato di respingere l’attacco ingiustificato e di difendere le proprie case. A tale azione di resistenza popolare nonviolenta hanno partecipato anche donne e bambini.
I coloni israeliani hanno lanciato pietre e minacciato i palestinesi con armi da fuoco. L’esercito non solo non ha impedito il protrarsi della situazione ingiusta in atto, ma è intervenuto mediante il lancio di bombe sonore e fumogeni su palestinesi e attivisti israeliani e internazionali chiudendo gran parte dell’area.
Polizia e esercito han continuato a occupare il villaggio per tutto il giorno..
Settlers from Havat Ma’on outpost fired several shots towards a group of Palestinian youth and internationals
(Italian follows)
On the afternoon of 23 February five Israeli settlers from the illegal outpost of Havat Ma’on fired several shots from a distance towards a group of Palestinian youth and internationals as they walked from At-Tuwani village to Tuba Village.
The group, which included one seven-year-old boy, arrived safely in Tuba village after running from the settlers. Five armed settlers then arrived at Tuba village in a car and attempted to enter the village, but were prevented from doing so by youth from the village.
Israeli soldiers and police arrived and spoke with the settlers, and forced the Palestinians to leave the area.
There were no consequences for the settlers.
Coloni dell’avamposto di Havat Ma’on hanno sparato in direzione di un gruppo di giovani palestinesi ed internazionali
Nel tardo pomeriggio del 23 febbraio cinque coloni israeliani dell’avamposto illegale di Havat Ma’on hanno sparato da lontano diversi colpi di fucile in direzione di un gruppo di giovani palestinesi e internazionali che stavano camminando dal villaggio di At-Tuwani a quello di Tuba.
Il gruppo, nel quale c’era anche un bambino di soli 7 anni, è arrivato salvo a Tuba dopo una lunga corsa. Poco dopo una macchina con a bordo 5 coloni armati è arrivata al villaggio di Tuba cercando di entrarvi, ma ciò è stato impedito dai giovani palestinesi del posto.
Soldati e polizia israeliana hanno raggiunto il luogo, hanno poi parlato con i coloni e allontanato i palestinesi dalla zona.
Non ci sono state conseguenze per i coloni.
Fuoco o brace?
– Ore 7:32 rapporto dalle vedette: “In sella”. È il segnale, bisogna terminare i preparativi e tenersi pronti ad entrare in azione.
– Ore 7:38 nuova comunicazione: “Sono all’allevamento di polli; no Army”. Equipaggiamento in spalla e si parte verso il punto d’ingaggio.
– Ore 7:41 ultimo messaggio, come secondo i piani: “Fuori vista”. Le vedette mantengono la posizione, pronte ad intervenire ma ora sta a noi, fra poco avremo l’obiettivo in vista.
– Ore 7:49 dovremmo già vedere l’obiettivo da alcuni minuti, invece sul fianco della collina non si muove una foglia. Con la tensione che increspa la voce, parte la chiamata “Hallo ***, fi jesh?” (Ciao ***, c’è l’esercito?) – “Na’am ehna mniji” (Sì, stiamo arrivando).
Adesso fermati, smetti di leggere un momento e rifletti: quale scenario si è formato nella tua testa? Cosa immagini, cosa provi? Cosa ti aspetti ora?
Le vedette: i volontari
L’equipaggiamento: la videocamera
L’azione: lo School Patrol
L’obiettivo: una decina di bambini
Questo cambia tutto, vero?
Una manciata di bambini che due volte al giorno viene circondata da fucili ed anfibi, che sulla strada per la scuola viene scortata da giubbotti antiproiettile e granate.
Finalmente li vedi apparire in cima alla collina, intravedi il velo bianco delle due ragazze più grandi seguito da due elmetti e dai lampeggianti della Jeep.
A questo punto vieni assalito da emozioni contrastanti: da un lato c’è il sollievo di sapere che anche oggi i bambini arriveranno a scuola sani e salvi, al sicuro dalle violenze dei coloni.
Dall’altro questa stessa sensazione di leggerezza ti fa infuriare.
Si parla pur sempre di bambini, maledizione!
Ai due lati della strada lungo cui questi camminano, ci sono recinzioni e filo spinato, dietro di questi i coloni si impastano la bocca di vuota retorica sull’appartenenza atavica masticando fino alla nausea le parole “sicurezza” e “riappropriazione” mentre strampalate teorie sul diritto divino frizzano e ribollono sulla loro lingua.
Non giovani con il volto coperto e la spranga in mano, non terroristi con indosso un giubbotto esplosivo, non guerriglieri con il Kalashnikov ma bambini dal sorriso disarmante, che camminano verso la scuola.
Ecco contro chi “combattono” in nome di questi onorevoli ideali i coloni.
Ok, così non va.
O forse sì.
Rileggo ciò che ho scritto, metto il computer da parte, chiudo gli occhi ed inizio a pensare.
Mi torna in mente una conversazione avuta durante la formazione: un tipo affermava di non arrabbiarsi da più di 20 anni, che la rabbia è un’emozione negativa, che non porta nulla di buono e che anzi, lo spaventa.
Avevo risposto con durezza, dicendogli che la rabbia è un’emozione forte, esplosiva, una fonte di energia incredibile che dovremmo sfruttare e non reprimere.
È importante arrabbiarsi ma non essere rabbiosi: non lasciare che le braci ti consumino da dentro, ma lasciarsi avvampare e sfruttare questo fuoco per dare nuovo senso alla nostra presenza,
perché capita a volte di abituarsi, di adagiarsi sui morbidi cuscini della quotidianità e della rassegnazione ed è la cosa più sbagliata che possiamo fare.
Dopo 3 mesi sono contento di riuscire ancora ad infiammarmi e bruciare questi cuscini, mentre l’empatia dei miei compagni, il sorriso luminoso dei bambini e quello placido e sereno degli uomini e delle donne del villaggio lo tengono sotto controllo e mi aiutano a trasformarlo in energia costruttiva.
Dopo 3 mesi sono contento di sentire che ancora brucio, di sentire che insieme a tutte le persone che mi circondano, non sopravvivo e basta ma lotto perché io e loro possiamo sentirci vivi.
M.